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L’impalcatura costruita da Jp Morgan e Mediobanca – a cui si è affiancato il lavoro di Lazard, advisor della banca, ma anche di Vitale & Co, advisor dei consiglieri indipendenti -

è stata in parte rivista rispetto alla versione di luglio e quindi ieri in zona Cesarini è arrivato il nuovo e necessario via libera al piano da parte della Bce, che però – ha ribadito ieri la banca – ha ancora in corso un’ispezione a tutto campo sul portafoglio crediti della banca, i cui esiti si conosceranno nel primo semestre 2017 e potrebbero ovviamente incidere sul costo del rischio. Intanto, però, gli occhi sono sul piano. Complesso, rischioso e costoso, come emerge dalle informazioni diffuse ieri dalla banca su richiesta della Consob che, come anticipato ieri da Il Sole, martedì aveva inviato richiesta formale a Rocca Salimbeni. Dalle 43 pagine pubblicate emerge che in totale i costi del maxi-cantiere ammontano a 448 milioni: l’aumento 170, la cartolarizzazione 69, la conversione dei bond 22 milioni, il piano industriale 2 e poi altri 179 milioni relativi ad altri due prestiti subordinati. Come accennato, dalla conversione dei bond perpetui e subordinati Mps spera che arrivino almeno 1,043 miliardi di cui 208 milioni dai 37mila piccoli investitori titolari del bond 2008-2018 (che però continua a essere venduto). In realtà la banca punta a raccoglierne almeno un miliardo e mezzo: in quel caso resterebbero da trovare altri 3,5 miliardi, e un ulteriore contributo potrebbe arrivare dall’offerta di conversione del prestito Fresh 2008, un miliardo facciale, con una valorizzazione del 23,5% rispetto al valore nominale: in totale, in questo caso, “balla” un apporto di poco inferiore ai 300 milioni.